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Quattro giorni scritto da Antonella Giacon

by FigliModerni
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Fin dalle prime pagine di “Quattro giorni” vengo catturata da questa scrittura “parlata”, un modo di scrivere che dà ritmo alla storia, tanto da far vivere al lettore alcune scene come se fosse presente, in modo concitato, trasmettendo tutte le emozioni del momento: la paura, la fretta, il panico.


“Adesso arriva l’ambulanza, gli infermieri si fermano un minuto, sono due, ma io vedo poco perché c’è gente davanti, anche mio papà non lo vedo più”

Marina è una bambina di nove anni che, insieme ai suoi genitori e al fratello, da anni va in vacanza al lido di Venezia ospite dei Menin, una famiglia del luogo

Durante la vacanza il fratellino Michele viene investito e portato in ospedale perciò la piccola protagonista, per la prima volta nella sua vita, si vede costretta a vivere quattro giorni senza nessun parente e punto di riferimento, lontano dai suoi affetti, affidata alla famiglia che li ospita.

Marina viene presa dai sensi di colpa per aver pensato di far star zitto suo fratello, magari con una botta in testa, prima che avesse l’incidente. Forse il suo desiderio si è avverato e i sensi di colpa verso il fratello sembrano prendere il sopravvento.

La piccola si fa prendere dallo sconforto tanto da piangere davanti al cibo che le viene offerto, il rifiuto del cibo che simboleggia il legame affettivo con la madre.

La lettura mi riporta ad un’epoca lontana, quando io ancora bambina leggevo la Selezione di Reader’s Digest a casa di mia nonna, quando aspettavo il carosello per andare a letto, pagina dopo pagina vengo catapultata in un’Italia che non esiste più. Man mano che mi addentro nella lettura mi sembra di essere spettatrice di una vecchia pellicola in bianco e nero, in cui tutto è così familiare ma allo stesso tempo lontano.

Antonella Giacon ambienta il suo romanzo alla fine degli anni ’60 in un paese in cui gli stereotipi sembrano insommortabili e in cui nascere maschio viene percepito come una gran fortuna

“Dopo, quando eravamo da sole ho chiesto a mia mamma se Sonia aveva male da qualche parte e lei mi ha risposto che nascere donna è una grande disgrazia”

“Allora penso che mi posso travestire da maschio così questa disgrazia la evito, tanto ho già i capelli corti”

Stereotipi a cui Marina si ribella pur con l’ingenuità della sua età quando Lele ad esempio, poco più grande di lei, le dice che lui capisce di più perché maschio “Mica i maschi capiscono di più. A scuola hanno tutti voti più bassi delle femmine e quando c’è la ricreazione ci tocca a noi spiegargli le cose” o quando la bambina spiega all’amico il rapporto tra i suoi genitori

“Mio papà non lava i piatti” gli dico. Non risponde “Non pulisce, non fa da mangiare, non stende, non stira” “Cosa fa allora?” “Va a lavorare per la famiglia” E tua mamma?” “Lei lavora sempre, anche di notte. Prepara da mangiare per domani, pulisce le verdure, cuce i vestiti” “E tuo papà?” “Guarda la televisione” “Da solo?” “Sì, perché mia mamma ha ancora da fare e noi andiamo a letto presto quando c’è scuola, alle otto e mezzo, nove” “E poi?” “Poi lei più tardi guarda la televisione con lui, dopo lui va a letto e lei continua a lavorare” Lo so perché le volte che mi sveglio la trovo in cucina con gli spilli in bocca che sta imbastendo qualche stoffa o nel bagno a lavare la biancheria delicata.

Marina vive un conflitto con la figura materna e sente il bisogno di affermarsi, non vuole ricalcare le orme materne

“Per questo quando divento grande voglio travestirmi da uomo e scappare, come succede nei libri di avventura…”

La Giacon si dimostra una buona conoscitrice dell’animo umano, di quell’età in cui l’ingenuità dei bambini si fonde alle emozioni adolescenziali, in cui tutto, anche le cose più semplici, diventano un turbine di emozioni contrastanti in cui l’essere bambino sembra allontanarsi piano piano per far spazio ad un pensiero più adulto.

Quando un ragazzino le chiede se ha il moroso, Marina risponde di no scappando via. E’ solo quando si ritrova da sola che si sofferma a pensare che in fondo lei è innamorata di un attore che ha visto in un film e sogna di sposarlo una volta diventata grande. Un pensiero infantile quello della piccola protagonista che però lascia il posto ad emozioni più adulte quando è lei a chiedere a Lele di diventare il suo ragazzo.

Mi pareva che il fuoco si fosse acceso dappertutto, sul viso, sulla pelle,ma anche il corpo era un forno. Per fortuna che teneva voltate le spalle. Il fuoco bruciava bruciava, faceva tutto nero e cenere e andava sempre più giù in fondo.

Un libro che proprio per il tipo di scrittura usato dall’autrice ben si presta ad una lettura ad alta voce.

Un romanzo intenso che, fin da subito, ti entra nell’anima. Quattro giorni che sono solo l’inizio di una grande trasformazione, quella che appartiene a tutti noi, l’inizio di un viaggio dentro sé stessi, un viaggio che il lettore ripercorre insieme a Marina. Un viaggio verso la vita adulta.

“Quattro giorni” scritto da Antonella Giacon, con la copertina illustrata da Miriam Serafin e pubblicato da Edizioni Corsare è disponibile in tutte le migliori librerie, sul sito dell’editore o cliccando sull’immagine qui sotto.

Buona lettura a tutti!

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